29 Marzo 2024

Le bugie sui cosmetici e i consigli per difendersi

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Esistono davvero miracolosi shampoo riparatori? Che differenza c’è tra l’uno e l’altro? E quali sono realmente gli ingredienti cancerogeni? A queste e altre domande risponde Beatrice Mautino. 


I trucchi, quelli veri, per difendersi da truffe, terrorismi psicologici e false promesse. Questa è la promessa del libro “Il trucco c’è e si vede. Inganni e bugie sui cosmetici. E i consigli per difendersi” di Beatrice Mautino, biologa e divulgatrice scientifica. Beatrice si mette nei panni di chi vuole acquistare prodotti efficaci e non dannosi per migliorare il proprio aspetto e il proprio benessere, senza essere ingannato dalla pubblicità. E noi l’abbiamo intervistata su temi cari ai parrucchieri.

“La triste verità è che un’informazione attendibile e critica sui cosmetici nel nostro paese praticamente non esiste” racconta Beatrice Mautino.

Nel tuo libro parli di bugie, falsi miti e mode, tra cui quella che dice che alcuni ingredienti dello shampoo sono dannosi per la salute dei capelli. Ma è davvero così? E le alternative adottate dai sostenitori del No-poo (movimento no-shampoo) sono davvero efficaci e meno pericolose?
Il movimento No-Poo si inserisce in un filone molto ampio di rifiuto di tutto ciò che è percepito come artificiale o chimico e quindi tossico, dannoso e da evitare. Il nemico è rappresentato generalmente dal laurilsolfato di sodio o SLS, il tensioattivo storicamente più utilizzato negli shampoo, accusato di danneggiare il capello e di provocare malattie anche gravi. Nella realtà, però, la cattiva fama dell’SLS è dovuta a una leggenda metropolitana nata nel secolo scorso tramite quelle che venivano chiamate Catene di Sant’Antonio: messaggi spediti inizialmente per posta cartacea, poi per posta elettronica, modificandosi ogni volta un pochino. Ed è così che una ricerca scientifica americana della metà degli anni Novanta in cui si usavano elevatissime concentrazioni di SLS per valutare l’irritazione oculare, di passaggio in passaggio, è diventata la dimostrazione che l’SLS è cancerogeno e a poco sono servite le smentite della comunità scientifica.

Oggi quindi troviamo in commercio molti prodotti “senza solfati” che si rifanno a questa paura ormai diffusa nella popolazione. Se però andiamo a leggere le etichette degli shampoo senza solfati scopriamo che, più che l’ingegno, poté il marketing. Troviamo tensioattivi che hanno nomi diversi, come «sulfonato» o «sarcosinato», ma che, chimicamente parlando, fanno qualcosa di molto simile ai solfati, solo che non lo sono e quindi si può scrivere «senza solfati».

Oppure troviamo messaggi che annunciano l’assenza dell’SLS per sostituirlo con il coco solfato che rimanda subito a palme e spiagge incontaminate, ma sapete di che cosa si tratta? Praticamente di Sls visto che la base dell’SLS, l’acido laurico, si estrae principalmente dall’olio di cocco che ne contiene circa il 50%. Se trattate con acido solforico tutto l’estratto di olio di cocco, ottenete il coco solfato che, a dispetto del nome apparentemente scientifico, non è una molecola, ma una miscela di molecole diverse, per la maggior parte rappresentata dal laurilsolfato, cioè SLS. A questo punto, è vero che il produttore in etichetta può scrivere che non è stato aggiunto SLS e di sicuro non lo troverete elencato nella lista degli ingredienti, ma in quello shampoo l’SLS c’è eccome.       

Il “senza” sembra essere di gran voga. Non solo senza parabeni e senza solfati, ma anche meno ingredienti. È veramente così? Un INCI breve è migliore di uno lungo?
La risposta breve è: no. Proprio per evitare questa confusione, il regolamento europeo vieterebbe di indicare in etichetta l’assenza di ingredienti autorizzati, come l’SLS o i parabeni. Poi ormai la situazione è talmente fuori controllo che ritirare dal mercato tutti i prodotti “senza” o anche solo sanzionarli sarebbe impossibile. Il risultato paradossale, però, è che in questa corsa all’eliminazione degli ingredienti “nemici”, gli INCI si allungano. Questo succede perché, spesso, per sostituire un ingrediente indispensabile (pensiamo ai parabeni che sono conservanti molto efficaci) se ne devono utilizzare molti diversi per ottenere lo stesso effetto. Sembra proprio che non si possa avere tutto. Se si toglie qualcosa, qualcos’altro dovrà essere aggiunto.

Ma è vero che i capelli hanno bisogno di respirare?
Tanto quanto debba respirare un maglione di lana. L’unica parte viva del capello è quella che sta all’interno del bulbo pilifero, ben nascosto dentro il cuoio capelluto. Lì ci sono le cellule che producono le diverse componenti che abbiamo visto in precedenza. A parte il bulbo, nulla nei capelli può essere considerato vivo e in grado di respirare e non soffre se viene occluso, per esempio, dai siliconi.

I capelli, quindi, non devono respirare ma devono essere protetti. Come?
Tutti i trattamenti che facciamo ai capelli possono danneggiarli. Dalla rimozione del sebo, all’utilizzo di troppa acqua, allo sfregamento con l’asciugamano fino alle spazzolate vigorose. È quindi importante utilizzare sostanze “condizionanti” che fanno da scudo al capello, proteggendolo. Tra queste, le più utilizzate sono molecole a base di silicio appartenenti alla famiglia dei siliconi, che ricoprono i capelli con una sottile pellicola che espleta diverse funzioni. Intanto ne riduce la porosità (quindi, per esempio, evita che con l’umidità assorbano troppa acqua), poi però evita anche che l’acqua contenuta all’interno evapori e, infine, lubrifica la superficie del capello così da renderlo più soffice e pettinabile. Come per tutto, c’è silicone e silicone. Il dimeticone, per esempio, rende i capelli molto soffici, ma è più difficile da lavare via. Altri, come il ciclometicone, evaporano in fretta lasciandosi dietro poche tracce.                                        

Oltre ai siliconi, l’altro grande strumento a difesa del capello sono i tensioattivi cationici come i sali quaternari di ammonio, cioè i principali componenti dei balsami. Queste molecole sono ricoperte di cariche elettriche positive per mezzo delle quali sono attratte e aderiscono ai capelli, che in genere hanno carica negativa, soprattutto nei punti danneggiati.

Parliamo di un tema caldo: cosa ci puoi dire sulle tinture per capelli?

Anche le tinture sono al centro di un grosso dibattito pubblico sulla loro sicurezza. Periodicamente salta fuori la dichiarazione di un medico che le accusa di essere dannose per la nostra salute. Quello che però è importante ricordare ai consumatori e ai clienti è che la legislazione europea in materia di sicurezza dei cosmetici è tra le più rigide al mondo e il principio di precauzione la fa da padrone, soprattutto per gli ingredienti che rientrano nelle categorie dei conservanti e dei coloranti che devono seguire un iter lunghissimo di approvazione e spesso non lo superano ritornando al mittente. È possibile che si scopra nel tempo che un ingrediente autorizzato è in realtà dannoso, ma se succede l’ingrediente incriminato viene tolto dal mercato in tempi rapidi.

Tre consigli che daresti a un parrucchiere per scegliere al meglio i prodotti da acquistare
I parrucchieri sono professionisti che sanno riconoscere le differenze fra i vari tipi di capello e sanno valutare le prestazioni di un prodotto senza farsi abbindolare dalle promesse del marketing. I consigli che generalmente do ai consumatori, quindi, in questo caso sarebbero inutili. Più che un consiglio, quindi, vorrei provare a lanciare una provocazione: provate a ragionare come uno scienziato e mettete alla prova i prodotti che vi vengono proposti facendo esperimenti e misurando i risultati in maniera oggettiva.

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