Dove finisce il bello e dove comincia l’antiestetico? Ce lo spiega “Terrific Fashion”, il libro giusto per chi ha un approccio border alla moda.
Quanto c’è di innato nel nostro gusto per la moda e quanto di indotto dalla società? Un equilibrato come Machiavelli avrebbe optato per il fifty/fifty, un bel 50% di istinto personale e il rimanente puro condizionamento sociale. Probabilmente è la giusta via, ma come la mettiamo con certi orrori fashion che, una volta passati e archiviati, ci sono rimasti negli occhi a popolare i nostri incubi?
Le mega spalline della seconda metà degli anni Ottanta, ad esempio, ci piacevano davvero? E le permanenti hardcore dello stesso periodo, incontravano realmente il nostro gusto personale? Qualche risposta a domande del genere, lasciando il quesito giustamente aperto ad aeternum, potrebbe arrivare da Terrific Fashion, libro fotografico curato da Cristina Morozzi e pubblicato da 24 Ore Cultura.
Partendo dal false friend “terrific” – che in italiano suona come “terrificante”, ma nella lingua inglese ha l’accezione ambigua di “esageratamente grandioso” – il volume percorre abilmente la sottile linea che divide il concetto di chic da quello di freak, il bello dal brutto, per farla spiccia. Sì perché la moda, essendo il terreno fertile per un discorso estetico che tende a un circolo senza fine di considerazioni obiettive e soggettive, si presta benissimo al sofisma.
All’eterno dibattito che parte dal presupposto che il bello debba necessaria-mente essere sinonimo di equilibrato oppure, molto più raramente e con gran senso di colpa estetico, di esagerato e sopra le righe. In linea con questa ottica “border”, il libro porta avanti un’affascinante tesi: nella moda, le esagerazioni potrebbero non essere un difetto.
L’universo fashion, infatti, è predisposto al terrific nel suo doppio significato e lo scandalo appartiene alla sua stessa natura, generando spesso le tendenze più riuscite, quelle che rimangono nella storia del costume. Ultracolorato e vivacemente Pop, il volume analizza numerose creazioni dell’ultimo decennio, monitorando i nuovi talenti senza un ordine tematico.
È un caos organizzato messo volutamente sottosopra, per allineare la stravaganza dei contenuti alla struttura (mancante) di un libro che, indirettamente, ingenera un salutare dubbio di fondo: “e se… alla fine, avessi sempre confuso chic con kitsch?”. Meditate gente, meditate.
Chic or kitsch Bas Kosters, look Polkadot Fashion Mutant, collezione Fashionmutant. Cotone, pelle, piume, jersey, serigrafia, A/I 2012 @Marc Deurloo Gareth Pugh, outfit The Stealth Bomber. Prêt-à-porter,A/I 2007. @firstVIEW Yiqing Yin, in collaborazione con Tzuri Gueta, abito Calypso, collezione Les rives de Lunacy. Seta rossa a nido d'ape, organza e corsetto in tulle di seta ricoperto da corallo in silicone, A/I 2015. Courtesy Yiqing Yin/foto Shoji Fujii Chic or kitsch Chic or kitsch Chic or kitsch Chic or kitsch Chic or kitsch